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Rassegna
cinematografica 2017/2018
“Il
corpo e la differenza”
Presentazione
A
cura di Maria Grazia Riveruzzi
La
selezione dei film è avvenuta sulla base del desiderio di offrire un
ritratto variegato di donne forti e coraggiose che di fronte
alle difficoltà o meglio al dramma della vita sanno ritrovare
nell’unione la forza di resistere e di vincere. La dimensione
corale attraverso cui si muovono i personaggi femminili , ad
eccezione del film “ The Lesson”, è elemento fondante
delle loro storie relazionali che , pur svolgendosi con una pratica
dialettica serrata e vivace, si evolvono nel potenziamento
dell’autodeterminazione, della consapevolezza dei propri diritti i
e della loro legittima rivendicazione .
Protagonista
in assoluto di questi film è senza dubbio ”il corpo delle donne”
(da cui il titolo dato alla rassegna), ma non mancheranno alle
spettatrici altri spunti di riflessione. Il nostro intento è
di dare testimonianza , attraverso queste rappresentazioni, di come
ieri e ancora oggi, il corpo femminile subisca un processo di
oggettivazione alla cui base vi è l’azione di svilimento del
genere femminile da parte della cultura, antica e contemporanea,
della società misogina e maschilista (mezzi di comunicazione ad es:
pornografia, pubblicità ; in generale immagini, gesti e
parole degradanti e offensivi ).
Già
Pitagora con i suoi numeri contrari ( il pari e il dispari )
aveva identificato il pari con il genere femminile, con tutto
ciò che di limitato, di determinato e di negativo ci fosse
nella realtà (il male, il disordine, l’irrazionale,
l’imperfezione) e con il dispari con il genere maschile,
l’illimitato , l’ordine, unità, bene, perfezione .
Aristotele
ci ha dato il colpo di grazia perché a lui risaliranno filosofi e
scrittori nonché i Padri della Chiesa per reiterare l’opera di
svalutazione della donna.
Aristotele
definì l’individuo un sinolo di materia e forma ( corpo e anima o
spirito):
la
forma come elemento attivo, è la struttura o la natura determinante
del sinolo e la materia è l’elemento passivo determinato o
strutturato dalla forma. Separando il sinolo di materia e forma e
identificando la materia con la donna e la forma o logos con l’uomo,
ha compiuto un’operazione assimetrica e ha introiettato
nell’immaginario collettivo l’ idea della donna come soggetto
parziale , semplice materia , corporeità . Attraverso i secoli la si
è trasformata da soggetto- donna ad oggetto – donna che , come
tale , verrà strumentalizzato e adattato alle esigenze maschili e
all’ edificazione di una società patriarcale e fallocratica . Con
la repressione degli istinti sessuali femminili finalizzati soltanto
al puro piacere altrui o alla semplice riproduzione, si è ridotto il
corpo della donna a pura materialità acefalo , irrazionale,
inanimato, istintuale .
Tra
gli anni Sessanta e Settanta, le femministe riconducono la teoria
dell’oggettivazione del corpo femminile alla sessualità, ponendola
come uno dei fulcri fondamentali della liberazione della donne. Le
filosofe femministe (Adriana Cavarero, Carla Lonzi, Valeria Giordano,
Annette Baier) identificano la violenza e le azioni di sfruttamento e
di oppressione sulle donne, in generale, nella percezione che da
secoli si ha di loro come “essere parziale”. “L’assimetria di
genere” è strettamente collegata alla perdita di riconoscimento
dell’Altro come soggetto come Persona umana, come sinolo di corpo e
spirito.
Alla
luce di queste considerazioni possiamo trovare la chiave
d’interpretazione dei film proposti e capire ma non giustificare
l’ostilità e l’insufficienza nei confronti delle donne,
percepite nell’inconscio maschile come soggetti poco rilevanti
socialmente.
Pensiamo
al film di Michele Placido “7minuti” ispirato ad una storia vera,
dove a un gruppo di 11 operaie, componenti del consiglio di
fabbrica si chiede di sacrificare 7 minuti della loro pausa
quotidiana per evitare il licenziamento del personale e la
chiusura dell’azienda.
Il
tema dell’erosione dei diritti dei lavoratori, delle donne , si
coniuga con l’erosione e lo sfruttamento dei loro corpi
asserviti come forza lavoro , come merce, alla logica spietata del
mercato e del profitto . E’ la storia della lotta per
la dignità e per l’autodeteminazione femminili
minacciate dalle dinamiche economiche e dalle condizioni d’indigenza
e di paura in cui versano le nostre protagoniste, vittime delle
violenze domestiche , della guerra e della concupiscenza del padrone.
Anche
nel film ”The lesson” dei bulgari Kristina Grozeva e Petar
Vanchanov torna il tema della ribellione silenziosa e solitaria
della protagonista, interpretata dall’attrice teatrale
Margita Gosheva, contro la logica mercantile, crudele e cinica che
mette in pericolo la sua coerenza etica e la dignità del suo corpo
nel tentativo ricattatorio di degradarlo a merce di scambio ,
ad oggetto di piacere.
Con
“3 generations - una famiglia quasi perfetta” della regista Gaby
Dellal siamo trasportati in un mondo metropolitano , contemporaneo
dove, oggi , tutto è possibile fare per trovare la propria identità
fisica e psicologica. E’ un film leggero e irriverente che ritrae
una famiglia moderna al cui interno si confrontano e si scontrano tre
generazioni. Ramona o meglio Ray è una adolescente che
si sente a disagio nel proprio corpo di femmina e vuole
affrontare il difficile percorso fisico del cambiamento sessuale per
essere veramente vivo e felice . Lo sostiene la madre, donna single,
etero ma con difficoltà a rapportarsi con l’altro sesso. Ma
la questione “gender” per la nonna Dolly (Susan Saradon) è un
problema nuovo e proprio lei che ha lottato per i diritti delle donne
, per la loro indipendenza e per la loro libertà sessuale (è
lesbica e convive con una compagna) proprio lei si oppone . Ne
scaturiscono situazioni imbarazzanti, esperienze e visioni di vita
contrastanti che confluiscono in una storia a suo modo corale e
divertente , forse poco comprensibile per chi non conosce bene il
dramma di essere in un corpo inadeguato. E’ la storia familiare di
un rapporto genealogico femminile che aldilà dei conflitti
generazionali darà a Ramona la forza e la determinazione di
scegliere il proprio destino.
IL
processo di oggettivazione del corpo è ben evidente nel film “Agnus
Dei” di Anne Fontaine, regista di storie al femminile, che svela
ciò che è taciuto da troppo tempo dalla stampa e dalla Chiesa : gli
stupri di guerra ai danni delle suore benedettine .
La
Fontaine prende spunto da un fatto realmente accaduto nel 1945, in
Polonia raccontato in un diario dalla stessa eroina della storia, la
dottoressa Madeleine Pauliac e colorito dalla fantasia
romanzesca della regista. Risulta rilevante nel film il contrasto tra
la violenza maschile e il corpo fragile e indifeso delle donne
– suore, su cui il maschio imprime il suo marchio indelebile .
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